Salvador Dalì: opere come espressione della propria psiche. Curiosità su uno dei maestri della storia dell’arte

Per la rubrica “Vite d’artista“, che racconta alcune delle menti più geniali ed interessanti della storia dell’arte, ho pensato ad un ospite d’eccezione: Salvador Dalì! Opere, note biografiche e curiosità di un artista ribelle e controverso.

Salvador Dalì follia

 

In questo momento così buio, dove le libertà più semplici ci paiono negate da contingenze di assoluta necessità, penso che possa essere più che mai utile lasciarsi ispirare dall’arte per riscoprire il mondo intorno a sé.

Vite d’artista: Salvador Dalì

Per la puntata di oggi ho scelto di presentarvi uno degli artisti più anticonformisti, ribelli e innovativi del Novecento.

L’ultimo grande pittore delle Avanguardie storiche, che ha fatto del sogno e dell’inconscio il suo terreno prediletto di esplorazione: Salvador Dalì. Chissà che anche noi, immergendoci nel suo mondo dove tutto è possibile, non possiamo lasciarci trasportare lontano dall’immaginazione…

«La sola differenza tra me e un pazzo è che io non sono pazzo.»

Salvador Dalì pazzia

Salvador Dali: note biografiche e curiosità

Salvador Felipe Jacinto Dalì nasce a Figueres, in Catalogna, l’11 maggio 1904. Già dall’infanzia compare quella vena estrosa che caratterizzerà tutta la sua esistenza, in quanto fermamente convinto di vivere una doppia vita, la sua e quella del fratello morto prima della nascita. All’inizio degli anni Venti si scrive alla prestigiosa Accademia Reale di Madrid, dalla quale verrà però espulso più volte per aver accusato i professori di incompetenza.

Eccentricità e culto di sé

Icona della sua epoca (ma non solo), Dalì condurrà tutta la sua vita all’insegna dell’eccentricità e del culto di se stesso. Come amava ripetere: “Ogni mattina mi sveglio e, guardandomi allo specchio, provo sempre lo stesso ed immenso piacere: quello di essere Salvador Dalì”. Celebre è l’attenzione e la cura dei suoi baffi, sempre perfettamente piegati verso l’alto.

I suoi animali erano visti come opere d’arte anch’essi: negli anni Sessanta gli viene regalato un cucciolo di tigre da lui chiamato Babou, che portava con se a guinzaglio ovunque andasse. Esemplare è il caso in cui entrò con l’animale in un noto ristorante di Manhattan. Quando un suo compagno di cena si allarmò alla vista del tigrotto, lui rispose con calma dicendo che Babou era un normalissimo gatto che aveva “dipinto in un disegno artistico”.

Faceva risalire il suo amore per l’oro, l’eccesso e il lusso ad un’auto-attribuita “discendenza araba”.

In poche parole, Dalì si era costruito un personaggio che ammaliava, seduceva, irritava, provocava e infastidiva, sempre in nome dell’arte.

Salvador Dalì: opere e il surrealismo

Nel 1927 Salvador Dalì si reca a Parigi per la prima volta dove entra in contatto l’anno successivo con il gruppo surrealista. La sua adesione al movimento è, almeno all’inizio, sincera e motivata, anche se manterrà sempre un atteggiamento di distacco altezzoso nei confronti dei suoi colleghi.

dalì surrealismo

Surrealismo: sogno, follia e inconscio

Il Surrealismo è un movimento nato nel 1924 con la pubblicazione di un Manifesto ad opera di André Breton, suo padre fondatore. Partendo dalle teoriche psicanalitiche di Sigmund Freud e dalla sua opera “L’interpretazione dei sogni”, il Surrealismo critica la centralità del pensiero logico-razionale esaltando le componenti del sogno, della follia e dell’inconscio. Secondo Breton, infatti, l’uomo trascorre gran parte della sua vita dormendo e sognando. Deve necessariamente esistere, perciò, una maniera per avere accesso a questa attività tipicamente umana conciliando il momento della veglia con quello del sonno. Il Surrealismo, quindi, si pone come una sorta di automatismo psichico, ovvero un processo automatico che fa intervenire l’inconscio senza il controllo della ragione. In tal modo il pensiero, privo di freni inibitori, può accedere liberamente a idee, immagini, parole e combinarle in maniera del tutto innovativa.

dalì opere persistenza della memoria

Dalì opere: “La persistenza della memoria”, 1931, Olio su tela

Dalì: opere frutto del metodo “paranoico-critico”

Quando si parla di Dalì non si può non menzionare la sua particolarissima tecnica di automatismo definita “metodo paranoico-critico”; la paranoia è una malattia mentale che porta alla convinzione che tutto il mondo ci sia avverso e che gli altri ci siano nemici; ecco quindi che i suoi quadri nascono dal torbido agitarsi del suo inconscio, dalle sue paure e dai suoi deliri, dei quali lui cerca di prendere coscienza fissandoli sulla tela. È un modo per osservarle con lucidità, prendendone consapevolezza, e distaccandosene emotivamente.

Dalì: sogni, tabù, desideri, fobie

dalì opere cigni che riflettono elefanti

Dalì Opere: “Cigni che riflettono elefanti”, 1937, Olio su tela

In quest’ottica, per Salvador Dalì “opere” diventa sinonimo dei propri “elementi onirici”: i tabù sessuali, i desideri di potenza e le fobie si concretizzano con uno stile che a volte rasenta la perfezione tecnica, la “fantasticheria naturalistica”, come lui stesso l’ha chiamata. Attraverso il ricorso a simboli complessi e riferimenti colti, le Dalì opere risultano spesso di difficile interpretazione. Sono una maniera per l’artista di dare vita alle forme impossibili che popolano la sua mente ma, al tempo stesso, lo stimolo primo della sua vita di uomo e della sua fantasia.

sogno causato dal volo

Dalì opere: “Sogno causato dal volo di un’ape“, 1944, Olio su tela

Sogno causato dal volo di un’ape“, tenta di fissare sulla tela le improvvise visioni suscitate nell’artista dalla puntura inaspettata di un’ape. Una donna dormiente, nuda e sensuale (che riproduce nelle fattezze Gala, la compagna di Dalì) sta per essere punta sul braccio da una baionetta, evidente simbolo sessuale. Ma la puntura in realtà c’è già stata e la sua percezione, ingigantita dal sogno, assume l’aspetto di due tigri feroci scaturite da un pesce a sua volta originatosi da un melograno. La persistenza della memoria mostra un paesaggio quasi desertico con alcuni orologi nell’atto di sciogliersi, in una dilatazione temporale che annulla qualsiasi riferimento al mondo esterno, in quello stato sospeso tipico del sogno.

Per Dalì “opere”, quindi, sinonimo di ironia, illusione ottica, fraintendimento che arricchiscono un universo già denso di significati: quello interiore dell’essere umano in quanto individuo e, in questo caso, come artista.

dalì opere sant'antonio

Dalì opere: “La tentazione di sant’Antonio”, 1946, Olio su tela

Le muse di Dalì

Insieme al cibo e al tempo, la sessualità femminile è uno dei temi più ricorrenti nelle opere di Dalì in accordo alle teorie freudiane; secondo queste, infatti, nell’inconscio trovano espressione i desideri sessuali più reconditi e inespressi. L’atteggiamento dell’artista nei confronti delle donne cambiò quando incontrò colei che divenne prima sua amante e poi moglie e musa per tutta la vita: Gala.

dalì gala

Lei si chiamava Helena Diakonova ed era figlia di un avvocato russo. Si conobbero nell’estate del 1929, durante una vacanza passata insieme ad alcuni amici artisti surrealisti. All’epoca la donna, 11 anni più grande di Dalì, era sposata con Paul Eluard ma ciò non impedì ai due di innamorarsi perdutamente. Helena decise di lasciare il marito e si risposò per la seconda volta. Nonostante i numerosi tradimenti e le infatuazioni del pittore, Gala rappresentò per tutta la vita la musa e modella dell’artista, tanto che in seguito alla sua morte Dalì cadde in una forte depressione.

Amanda Lear e Salvador Dalì

Nel 1965 in un locale notturno francese Dalí incontrò Amanda Tapp, in seguito Amanda Lear, un’indossatrice francese di origine cinese e inglese. Colpito dai suoi modi sopra le righe, Dalì la elesse a sua pupilla, instaurando un insolito (e all’epoca scandaloso) rapporto a tre insieme alla moglie.

Dalì: un genio imperfetto

Dopo aver trascorso tutta la vita tra l’America e l’Europa, nel 1951 tornò a vivere nell’amata Catalogna. Qualche anno più tardi iniziò a lavorare al Teatro-Museo Dalì nella sua cittadina natale, Figueres, in cui trascorrerà gli ultimi anni della sua vita.

Il 23 gennaio 1989, mentre ascoltava il suo disco preferito, Tristano e Isotta di Wagner, morì per un attacco di cuore. Aveva 84 anni. Fu sepolto nel suo Teatro-Museo, frutto del suo genio totalmente imprevedibile. Un luogo magico per un uomo che ha fatto del sogno la sua ragione esistenziale.

Se ti è piaciuto questo articolo non esitare a lasciarmi un commento sui miei canali social! Ecco il mio account Instagram Ezio dove suggerirmi quale “Vita d’artista” ti piacerebbe leggere nella prossima puntata!

Se sei un appassionato di arte non perderti l’articolo su Klimt!

 

Luca Barbieri

Sognatore dal 1994. Lettore instancabile, viaggiatore appassionato, ricercatore bellezza. Laureato all’accademia di belle arti di Bologna nella speranza di condividere la sua passione per l’arte con chiunque abbia voglia di ascoltarlo. IG  Luca Barbieri