Gustav Klimt Opere: Vite d’artista
Alla scoperta delle vite dei più grandi artisti della storia dell’arte
Raccontare l’arte è una delle cose che mi più mi affascina: condividere con gli altri aneddoti, curiosità e riflessioni. Perchè? Perché l’arte ci riguarda. Anzi, ci ri-guarda, ci osserva da tempi più o meno lontani e riflette una parte di noi. Chi non si è mai commosso ascoltando una canzone oppure guardando un film?
Eppure, la maggior parte delle persone considera l’arte una cosa morta, da museo, lontana dai nostri tempi. Niente di più sbagliato: gli artisti sono uomini e donne che hanno vissuto, sofferto, amato, gioito esattamente al pari di noi, con l’unica differenza che hanno deciso di raccontare tutte queste esperienze in un’opera, restituendola al mondo.
Oggi comincia un nuovo percorso dal titolo Vite d’artistache vuole cercare di raccontare alcuni di questi uomini e donne straordinari, attraverso le loro opere e le loro creazioni. Il primo personaggio che incontriamo lungo la strada è Gustav Klimt, il celebre pittore viennese famoso per le sue opere dorate e preziose.
«Non mi interesso della mia persona» – Gustav Klimt opere
Tanto conosciute e riprodotte sono le opere di Klimt, quanto poco si sa sull’uomo che le ha prodotte. La sua vita privata rimane per lo più oscura: schivo e riservato, non amava la vita mondana e detestava essere oggetto di dibattito. Era spesso preda di intense crisi depressive e si manteneva lontano dalle apparizioni pubbliche. Egli stesso dichiara: “Di me non esiste alcun autoritratto. Io non mi interesso della mia persona come oggetto di pittura […]. Sono convinto che la mia persona non sia particolarmente interessante. Sono un pittore che dipinge proprio tutti i giorni, dalla mattina fino alla sera […]”.
Gustav Klimt nasce a Vienna il 14 luglio del 1862. La madre, cantante lirica, e il padre, umile incisore, formeranno gli interessi del giovane Gustav che appena quattordicenne decide di iscriversi alla scuola di arti applicate. Solamente tre anni dopo riceve le prime commissioni importanti, che realizza insieme a due suoi fratelli: numerosi palazzi pubblici e privati, le decorazioni del nuovo teatro di Vienna, gli oli che tutt’oggi adornano la scalinata d’accesso del Museo di arte e storia, il Kunsthistorisches Museum. Il successo dei tre fratelli Klimt è immediato.
La fama però dura poco: nel 1892, in seguito alla perdita del padre e del fratello Ernst, Gustav entra in un grave stato depressivoe di crisi creativa che durerà per più di tre anni.
La svolta secessionista
Nel 1897un gruppo di giovani pittori, architetti e scultori austriaci decide ci ribellarsi alle convenzioni accademiche dando vita alla Secessione viennese. Sotto questo nome si era soliti indicare la scissione di gruppi artistici dalle organizzazioni tradizionali allo scopo di rinnovare il mondo dell’arte. Anche il gruppo viennese non faceva eccezioni: essi rifiutavano le regole ufficiali, la mentalità chiusa e passatista delle istituzioni a favore di una maggiore libertà dell’arte, lontana da qualsiasi esigenza di mercato. Uno spirito rinnovato e vitale che investisse ogni settore artistico, con una particolare attenzione ai giovani sempre più ostacolati ed ignorati.
Il nuovo gruppo si diede subito da fare creando una rivista su cui pubblicare i loro contenuti essenziali ed edificando un nuovo padiglione espositivo volto ad accogliere le loro esposizioni. Sopra la porta d’ingresso, un motto recitava “A ogni tempo la sua arte, all’arte la sua libertà”, che ribadiva i caratteri di innovazione e autonomia dell’opera d’arte.
Klimt aderisce con gioia alla nuova Secessione e il suo stile si modifica: le linee diventano sinuose ed eleganti; i motivi decorativiiniziano ad invadere le vesti, i gioielli e le ambientazioni; l’attenzione al corpo umano, in special modo quello femminile, si arricchisce di riferimenti simbolici. Nel 1894, nel rinnovato clima di ribellione secessionista, Klimt ottiene anche l’incarico per decorare il soffitto dell’aula magna dell’Università. Il tema scelto era quello della vittoria della luce sulle tenebre ma fin dall’inizio i pannelli commissionati a Gustav generanno grande scandalo. La Filosofia presenta un’umanità sofferente, nuda e indifesa, posta sotto la mercé di una Sfinge cieca e indifferente. Il secondo pannello, raffigurante La Medicina, invece che celebrare il potere terapeutico della scienza mette in scena l’eterno e apparente insensato passaggio dalla vita alla morte. Di certo immagini molto lontane da quelle serene e rassicuranti che avrebbero voluti i professori.
Tuttavia, fu la Giurisprudenza la vera pietra dello scandalo, in quanto non viene rappresentato il glorioso trionfo di un’istituzione quanto piuttosto una forza crudele che agisce spietatamente di fronte ai volti impassibili dei giudici. Stremato dalle critiche e dalle accuse, alla fine Klimt rinuncerà all’incarico e si offrirà di ricomprare dallo stato austriaco le sue stesse opere. Sul finire della Seconda guerra mondiale questi dipinti vennero nascosti nel castello di Immendorf e poi distrutti in seguito ad un incendio appiccato dalle truppe tedesche in fuga. Di essi rimangono solo disegni preparatori e alcune riproduzioni in bianco e nero.
We are golden
Nel 1903 Klimt visita per ben due volte l’Italia, attratto in particolar modo dai mosaici bizantini di Ravenna. Da quel momento il suo stile muta, profondamente impressionato dalla luminosità splendente di quelle opere: inizia quello che viene denominato il suo “periodo d’oro”, in cui i fondali dei dipinti diventano vaste superfici dorate che richiamano l’accostamento delle tessere musive negli edifici ravennati. Figure e ambientazioni si appiattisconoa favore di uno spazio che diventa sempre più misterioso, simbolico e quasi trascendentale. Così come nelle opere bizantine, dove il fondo oro alludeva ad uno spazio ultraterreno e irrealistico in quanto abitato dalla divinità, allo stesso modo i dipinti di Klimt si arricchiscono di significati ulteriori, trasportando i suoi personaggi in uno scenario atemporale e quasi fiabesco. Gradualmente, la preziosità dell’oro diventa anche decorazione: motivi geometrici e floreali investono ogni angolo della superficie pittorica trasformando gli uomini e le donne klimtiane in gemme rilucenti incastonate in preziosi broccati.
Klimt e le donne
L’universo femminile è stato per tutta la vita di Klimt uno dei punti chiave della sua ricerca: nel suo atelier era sempre circondato da bellissime modelle con cui spesso intrecciava relazioni senza mai legarsi stabilmente. Non si sposò mai, ma coltivò per lungo tempo due relazioni assai significative: Emilie Flöge e Marie Zimmerman.
Durante il periodo d’oro dell’artista si assiste anche ad una rinnovata visione della donna: la figura femminile diventa sempre più seducente e sensuale, incarnando ora l’immagine di femme fatale(come in Giuditta I e II), ora quella di essere languido e diabolico (Pesci d’oro, Bisce d’acqua). Ma per Klimt il corpo femminile è soprattutto il luogo in cui si compie il mistero della vita e in cui gli opposti si conciliano: amore e morte, eros e tanathos, generazione e distruzione. La donna, proprio per questa sua spinta generatrice, è colei in grado di abbandonarsi senza riserve all’amore, senza paure né timori. N’è un esempio uno dei suoi quadri più riusciti e celebri, Il bacio, in cui si scorgono due amanti nell’atto di scambiarsi un tenero e passionale bacio. Gli elementi maschili (rappresentati dai rettangoli scuri sul mantello dell’uomo) e femminili (spirali e cerchi colorati) sono congiunti in un unico abbraccio, una crisalide olbunga che fa di quei due corpi un’unica figura. La completa fusione tra l’universo maschile e quello femminile danno luogo ad una composizione armonica che trae la sua forza proprio dalla conciliazione degli opposti: è solamente quando questi due principi vitali si fondono che la creazione può avere luogo.
Il miracolo della nascita -tema ricorrente in diverse opere di Klimt- torna anche in un’altra celebre opera del1907: Danae. Il mito della principessa di Argo amata da Zeus che si era trasformato in pioggia dorata allo scopo di possederla diventa il pretesto per raffigurare una giovane addormentata, persa nelle sue più oscure fantasie. È solo così infatti che il pittore può mostrarcela in tutta la sua inconsapevole sensualità e farne la metafora di una fertilità universale. La posizione stessa della giovane richiama quella di un neonato nel grembo materno alimentandosi però di riferimenti erotici e sessuali.
Le donne klimtiane, quindi, sono esseri consapevoli della propria sensualità. Talvolta abbandonate liberamente al piacere, altre volte spietate giustiziere del mondo maschile, vengono descritte in una molteplicità di pose, atteggiamenti, espressioni che fanno di Klimt il “pittore dell’universo femminile”.
Verso il tramonto
A partire dal 1903 si assiste alla crisi della Secessione Viennese, dovuta soprattutto alle tensioni interne tra i “realisti”, più legati alla tradizione, e gli “stilisti”, più vicini allo spirito di rinnovamento dello Jugendstil. L’acme della crisi si ebbe nel 1905, anno in cui il gruppo degli “stilisti”, guidati dallo stesso Klimt, si separa definitivamente dall’associazioneper dare vita ad uno spazio autonomo in cui allestire la Kunstschau (rassegna d’arte), volta ad esprimere ancora una volta i loro ideali.
A contatto con la maniera espressionista dei più giovani Egon Schiele ed Oskar Kokoschka, insieme alle novità portate dalla avanguardie europee (Henri Matisse e i Fauves francesi soprattutto), lo stile di Klimt si rinnova ulteriormente: la pennellata si fa più sciolta e i libera, i colori più accesi, e l’austera rigidità bizantina viene sostituita da arabeschi e motivi orientaleggianti. Il preziosismo del fondo oro e del mosaico lascia spazio ad un variopinto tappeto di fioriche collocano i dipinti di Klimt realizzati in quest’ultima fase in un territorio atemporale ed eterno, lontano dai contrasti e dai drammi di una realtà sempre più violenta. Lo “stile fiorito”, così denominato dalla critica, diventa ancora una volta un tentativo da parte di Klimt di rifugiarsi nel terreno sempreverde dell’arte, lontano da ogni inquietudine e preoccupazione. I dipinti realizzati in questi anni si pongono come una riflessione sulla condizione esistenziale dell’uomo, visto in una tutta la sua fragilità e delicatezza. Anche le figure femminili presenti in questi ultimi lavori si allontanano dalle conturbanti seduttrici della giovinezza per mostrare invece il lato più rassicurante della femminilità: la maternità, l’infanzia, il sonno. L’uomo viene sempre più relegato sullo sfondo e l’attesa, la veglia, sembrano diventare i momenti prediletti dal pittore in cui ambientare le sue scene.
Colpito da un ictus cerebrale la mattina dell’11 gennaio, Gustav Klimt si spegnerà il 6 febbraio 1918 in seguito a delle complicazioni. Uomo schivo, taciturno, un po’ burbero come sanno essere i timidi, lascia un corpus di circa duecento dipinti e quasi quattromila disegni, forse l’unica grande avventura della sua vita. Il necrologio da lui scritto recita: “GUSTAV KLIMT / ARTISTA DI INCREDIBILE / COMPLETEZZA / UOMO DI RARA PROFONDITÀ / LA SUA OPERA UN SANTUARIO”.Ed è davanti a quel santuario che noi ci commuoviamo ancora oggi, di fronte al rifulgere dei suoi ori e alla bellezza delle sue gemme.
Luca Barbieri
Sognatore dal 1994. Lettore instancabile, viaggiatore appassionato, ricercatore bellezza. Laureato all’accademia di belle arti di Bologna nella speranza di condividere la sua passione per l’arte con chiunque abbia voglia di ascoltarlo. IG Luca Barbieri