Come ogni mattina la piccola Sofia non aveva nessuna voglia di svegliarsi. Aveva imparato a riconoscere i passi della mamma e quando sentiva il suono delle pantofole che in punta di piedi si avvicinavano al suo letto preparava il volto più angelico e sperava in soli 5 minuti in più di sogni.
Anna conosceva benissimo la sua piccola e per questo motivo si accovacciava sul suo letto ed iniziava lentamente ad abbracciarla e a chiederle di farle posto sotto le coperte.
– Hai i piedi freddi- diceva Sofia ogni volta che si sfioravano
– Dai riscaldami tu allora- ripeteva divertita Anna che cercava di farsi spazio tra le braccia della sua piccola.
-Faremo tardi a scuola e tu a lavoro, dai mamma solo 5 minuti.
–Dobbiamo andare per forza? Io vorrei tanto rimanere qui. Dai facciamo festa così non vediamo nessuno e siamo solo noi.
–Ripeti ogni giorno la stessa frase. Sai che non possiamo farci niente. Ci tocca svegliarci
-Ma io voglio stare abbracciata a te. Non ho voglia di vedere nessuno. Solo per oggi.
Sofia sapeva benissimo che quell’oggi era ormai una cantilena frequente che la mamma ripeteva da ormai un anno. Anzi per la precisione da 345 giorni. Dal momento esatto in cui la macchina del papà era uscita di strada e aveva deciso di far cambiare le loro vite per sempre.
Aveva solamente 13 anni, ma le era ben chiaro che in quel momento lei era l’unico faro nella vita della mamma. Tutto le mattine lei fingeva di voler ancora 5 minuti in più di sonno, solo per dare alla mamma la possibilità di caricarsi e prendere tutte le energie necessarie per affrontare la giornata. Aveva smesso di dormire nella sua stanza da letto perché si era accorta che per la sua presenza tratteneva le lacrime che puntualmente, ogni notte, rigavano il suo volto e velavano la sua calda voce.
–Ti preparo quella buonissima ricetta che ho visto in TV, che dici? Così facciamo una colazione diversa oggi?
-Ma no tranquilla ho la merendina che ho comprato dal distributore ieri in ufficio. Mangerò quella in macchina.
–Dai abbiamo ancora un’ora e posso fare la ciambella. Sai che la ciambella alle carote è la mia preferita. Mi aiuti?
– Si inizia tu. 5 minuti e arrivo.
I minuti passavano e puntualmente Sofia sentiva il telefono squillare e la voce della mamma che parlava con la segreteria per dire – Giovanna oggi mi sento poco bene, ti prego sposta tutti i miei appuntamenti, non riesco proprio a passare dall’ ufficio.
-Anche oggi mamma? Dai per favore alzati.
– No Sofia ho un grandissimo mal di testa. Giovanna sbrigherà tutto per me. Ormai è diventata brava sai?
– Ma devi accompagnarmi a scuola? L’avevi promesso.
-Dai che ormai sei grande e puoi andarci sola.
-Va bene. Comunque ricorda di spegnere il forno perché la ciambella alle carote è pronta.
-Si 5 minuti e mi alzo.
I giorni passavano ed Anna era sempre più isolata dal mondo. Sofia aveva imparato ad adattarsi a quella nuova realtà e passava le giornate a trovare il modo giusto per dare la carica alla propria mamma che ormai era spenta. Vuota. Sola. La ciambella alla carota era diventata sicuramente un ottimo modo per aiutarla a pensare positivo e per alzarle il morale. Ricordava ancora le prime risate della mamma quando fu costretta a mangiare una torta non commestibile per cui aveva lavorato tutta la notte. Ci vollero tanti bicchieri d’acqua per poter tornare a respirare normalmente, ma dopo soli 5 minuti mamma e figlia scoppiarono in una grandissima risata.
Aveva capito che doveva essere forte e ottimista e con costanza, pazienza e amore doveva lavorare nei momenti d’affetto che Anna riusciva a darle ogni mattina quando si metteva nel suo letto in cerca di abbracci e coccole. La sua era una missione. Aveva imparato a prendersi cura della casa: cucinava, riordinava e passava il Folletto, era il suo modo per prendersi cura della mamma. Sapeva che un sorriso ed una carezza avevano moltissimo valore nel vuoto che si era venuto a creare. Una piccola (ormai grande) operatrice di positività e risate.
Passo dopo passo, coccola dopo coccola, i giorni sono diventati mesi ed i mesi sono diventati anni.
Sofia ora ha 30 anni e vive sola in una mansarda londinese fatta di legno e tappezzata di fotografie di nuvole. Ha lasciato l’Italia da diversi anni per seguire i suoi sogni. Gli stessi sogni che da bambina l’hanno portata ad essere sempre una piccola ribelle fuori dagli schemi con una grande attenzione per chi le era accanto.
Sono le 7:50 e l’orologio biologico di Sofia ha già suonato i primi rintocchi. A lei è rimasta l’abitudine di concedersi quei 5 minuti d’attesa fra le coperte ricordando le carezze ed i baci della mamma che è a tantissimi chilometri di distanza nella cucina della sua villa in toscana. Anna sorseggia caffè e guarda l’avanzare dell’autunno in giardino e pensa – Chissà cosa starà facendo Sofia. Chissà se è sveglia. Allora decide di chiamarla su FaceTime.
Sofia, con un gesto automatico, prende il telefono dal comodino scansando il libro di poesie di Keats che sta rileggendo, apre la chiamata e appoggia il suo smartphone tra le coperte.
-Mamma già sveglia?
-Si tesoro. Sono in cucina che sorseggio un caffè mentre aspetto che la ciambella alle carote sia pronta. Mancano solo 5 minuti. Credo, anche se sicuro sarà un po’ cruda. Sei tu l’esperta.
-Che buona mamma. Io sono ancora sotto le coperte. Comunque ricordati del segreto che ti avevo detto ieri mattina: basta che apri il forno e senti l’odore della ciambella. Capisci subito se deve restare ancora qualche altro minuto. Mi mandi un pezzo?
-Amore certo, virtualmente ti mando una pasticceria piena di dolci con consegna a domicilio. Ma tu oggi non avevi quella riunione importantissima? Dai svegliati che facciamo tardi tutte e due. Dai che abbiamo una vita da vivere.
-Solo 5 minuti mamma. Ora mi alzo.
Ecco il secondo racconto per la raccolta del progetto #PensaPulito.