EMPTY, l’ultimo e il più chiacchierato fenomeno di Instagram

Tutti gli appassionati di Instagram avranno notato che ultimamente è molto in voga la parola EMPTY. Io ho seguito questo fenomeno con molto interesse ed ho deciso di chiedere alcuni parerei a persone che sono stati protagonisti di Empty davvero sensazionali e che mi hanno lasciato sognante sull’hashtag. Per questo ho chiesto ad un’amica, Laura Masi  ( @ruberry )   di aiutarci a capire al meglio!

Si sa, Instagram è un social che propone costantemente nuove idee, nuovi progetti. L’ultimo e anche il più chiaccherato è il fenomeno #empty.

L’idea che si nasconde dientro al progetto empty è perfettamente descritto dal suo stesso nome: vuoto. Tutto si basa nel dare la possibilità ad un gruppo ristretto di instagramers di visitare luoghi pubblici, o normalmente non accessibili al pubblico, senza persone, o autorizzando solo quelle strettamente necessarie per fare foto – preferibilmente creative – e poi pubblicarle con un hashtag dedicato, nel quale compare la parola empty. Le location che questo progetto ha toccato sono per lo più musei, ma ultimamente si sta espandendo anche a teatri e redazioni.

Proprio recentemente su Instagram Italia è stato pubblicato un  articolo su questa tematica: se siete curiosi di sapere come è nato e si è sviluppato questo movimento vi consiglio di leggerlo.

Il 19 settembre per la prima volta in Svizzera, a Ginevra, presso il Musèes d’Art et d’Historire, si è svolto l’#emptyMAH, in cui nove instagramers influenti con il museo vuoto, a loro completa disposizione, hanno creato tante immagini dando nuova luce e una visione diversa del museo.

Instagram: EmptyMAH avec les Igers

Noi abbiamo intervistato: Tizziana, Antonio e Nicola.

Tiziana Vergari (@tizzia)
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Ciao Tiziana, in primavera il “Musée d’Art et d’Histoire de Genève” ti ha contattata per organizzare a tua scelta un evento con loro. Perché hai scommesso sull’Empty Museum? Che emozioni ti ha regalato questa esperienza?

L’entusiasmo è stato tale che subito mi sono proiettata su un evento che portava un immagine “attuale e moderna” al museo. Anche se ora, dopo solo 6 mesi, a vedere i numerosi empty (emptycinema, emptyteatro, etc.) che si organizzano oggi  in Italia, sembra già superato. In Svizzera è il primo e rimane il solo per ora.  Sono convinta che, anche se questo tema è ripetitivo, al livello creativo offre tanto e da grandi possibilità se organizzato con rigore e serietà, per arrivare a quel giorno dove tutto è più leggero e finalmente è il momento di divertirci e di esprimere nostri talenti, cioè l’essenza propria degli instagramers.

La parte che ho adorato del progetto è il fil rouge che unisce le varie foto, potresti raccontarci come è nata questa idea di far vestire tutte le persone di nero tranne per un dettaglio rosso?

Non mi piace annoiarmi.
L’idea di vedere scatti di sale e opere già fotografate, visti e rivisti sui libri e cataloghi non m’interessa. A cosa serve a questo punto un empty? Un “full” museum sarebbe più interessante!
Il messaggio deve essere chiaro: “Guardate! Chi ha detto che un museo è noioso?!”
Dopo essermi impregnata più volte dei luoghi, ho capito che per mettere in evidenza le opere e l’architettura il nero era di rigore, ma  non portato come divisa; ognuno deve rimanere chi è e sentirsi a suo aggio rispettando la sua personalità, c’è chi è venuto in grigio semplicemente perché non aveva abiti neri! I guanti bianchi, sono quelli usati dagli operai e dei restauratori di opere, tanto per rimanere in tema. La scelta del “fil rouge” è molto evidente, ricorda i tappeti rossi del museo, la croce rossa svizzera, ma soprattutto in quanto pittrice e fotografa mi piace l’idea di stuzzicare l’occhio con un elemento inaspettato. Da sapore…

Lo spirito di osservazione non ti manca, e tramite le tue foto hai espresso l’interazione nata tra i vari partecipanti. Quale è stato per te la parte più difficile per te nel creare armonia tra lo spazio fisico del museo, l’arte e gli instagramers?

Questa riflessione chiave nasce a monte, proprio per evitare che durante l’evento ci si ritrova in situazioni di sconforto o tensioni inutili. Per averlo vissuto, credo che sia veramente primordiale la scelta dei protagonisti per dare il massimo durante i giorni di lavoro. Ho collaborato  semplicemente con persone in cui avevo già interagito in precedenti eventi, con certi più volte e altri solo un paio d’ore. Mi piace lavorare con persone allegre, entusiaste con forte adattabilità e che conoscono loro “terreno”.
Senza dimenticare l’osservazione dei loro profili Instagram, è importante capire che non è solo una questione di “numeri“ ma individualizare il dono e la potenzialità di ognuno, che messi in un certo ambiente farà in modo di  esaltare l’insieme del progetto. Potrei

paragonare ad un puzzle: finita la  scelta nessuna difficoltà tutto si incastra meravigliosamente bene, pian piano svelando l’insieme del progetto. Eravammo in 9, e per tutti era il primo empty e molti fra di loro non si conoscevano. La formula magica ha funzionato.

Antonio Ficai (@c4antonio )
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Come si organizza un empty e come se ne valuta il risultato nel tempo?

Innanzi tutto prendiamo subito in considerazione che gli “empty” non sono altro che dei progetti di comunicazione tanto quanto lo sono i blogtour, gli instatour, ecc… hanno infatti in comune i soliti ingredienti e le solite finalità, cambiano le location, la durata e altre variabili oggettive ma l’obiettivo è sempre il solito ovvero promuovere qualcosa occupando una fetta di attenzione del network in un momento preciso dell’anno grazie all’intervento di influencer più o meno quotati a suon di contenuti prodotti e conditi con l’hashtag dedicato all’evento. 

La differenza però anche tra questi progetti di comunicazione si evince tra quelli fatti bene e con metodo e quelli fatti a caso solo perchè vanno di moda sul momento. Per farli bene servono alcune costanti fondamentali: un team ragionato ed affiatato, il timing dell’evento giusto, una location ancora vergine da operazioni simili e soprattutto qualcosa da raccontare studiato precedentemente e discusso col team prima di iniziare l’operazione. Insomma serve esperienza e professionalità, il rischio è che come risultato, nel caso di un “empty museum” si abbia tante immagini di stanze vuote e dopo una settimana nessuno si ricordi dell’evento perchè ce n’è uno nuovo da seguire da un’altra parte del mondo con i soliti protagonisti che fanno le solite foto ad altre stanze vuote. 

I progetti di comunicazione migliori in assoluto su mezzi digitali sono quelli che se li ricordano tutti, addetti ai lavori e non, anche a distanza di anni, quei progetti che sono d’ispirazione ad altri che vogliono subito replicarli cavalcando un’onda che ormai sta per chiudersi.

Nicola Carmignani (@nicolacarmignani )

Domanda secca, lo rifaresti e perché?

Certo, vorrei rifarlo e anche molto presto? Perché? Ovviamente, oltre poter far foto creative da pubblicare nella mia gallery su Instagram e rendere partecipi i miei amici/follower della bellezza dell’arte e del mondo museale, ho la possibilità assoluta di godere di uno spettacolo da un punto di vita privilegiato. Poter visitare un museo vuoto e silenzioso, ti fa immergere sempre più nella meraviglia delle opere.

Il progetto empty, almeno all’inizio, ha stravolta la visione comune del museo visto solo come luogo sacro per appassionati del genere. Secondo te a che genere di pubblico sono rivolte le foto, a chi arriva il messaggio che i musei non sono solo luoghi di culto?

Il bello di Instagram e del progetto #empty è proprio nell’assenza di un reale target di riferimento: le foto sono accessibili a tutti, senza distinzione di genere, livello culturale, hobby o professioni. Ogni instagramer si può lasciare ispirare davanti a una foto di un #empty e può trasformarsi esso stesso in un protagonista andando a visitare lo stesso museo e dare la sua interpretazione personale della stessa opera, che il museo sia “vuoto” o meno, basta saper aspettare il momento giusto per scattare quando non ci sono persone!

 

Credi che iniziative di questo tipo possano essere accettate in italia e che possa portare un vantaggio ai nostri musei?

Senza ombra di dubbio. Come spesso accade in qualsiasi progetto digitale, l’Italia, nelle figure delle aziende private o delle istituzioni pubbliche, si muovono molto molto lentamente e non hanno la predisposizione mentale e professionale per innovare o sperimentare. Così accade che con qualche anno di ritardo, si accorgano del successo di un’iniziativa, e scelgano di copiarla. Per fortuna non tutte le realtà sono così ed esiste qualche manager o dirigente pubblico che riescono a vedere oltre il progetto cartaceo e fanno sì che l’empty diventi realtà e un caso di successo. Perché oltre ad invitare gli igers nel museo serve altro lavoro di pianificazione, promozione e comunicazione: prima, durante e dopo.

Anche in Italia sono state numerose le attività a tema #Empty organizzate. Ecco alcune testimonianze di due community locali che hanno deciso di raccontarsi e far capire l’atmosfera vissuta in questa bellissima esperienza.

IGERSFOGGIA ( @igersfoggia

È successo il 7 novembre scorso, durante il secondo instameet della community di Igersfoggia. Il teatro Giordano si apre agli instagramers in maniera esclusiva. Grazie al comune di Foggia e all’assessorato alla cultura, il teatro, simbolo della città risalente al 1800 ha rilevato tutti i suoi sfarzi e la sua maestosità a decine di igers, liberi di poterlo esplorare in lungo e in largo come mai sarebbe stato possibile. Empty Teatro Giordano, il palco, la fossa dell’orchestra, le file di poltrone di velluto rosso tutte allineate precise, i loggioni bordati d’oro, le luci e le scale. Tutto lì, integro nella sua maestosità, senza nessun disturbo, il tetro vuoto, in posa per farsi ammirare, senza nessuno da scavalcare, a cui chiedere “permesso mi fa passare” solo da ammirare silenziosamente, contemplare e immortalare. Fare un empty significa davvero entrare nell’essenza di un luogo, avere il tempo di sentirne lo spirito sfiorarci la pelle, entrarci in comunicazione ed ammirarne la bellezza lentamente senza foga, con il gusto di sentirli privilegiati ad essere lì, in quel preciso momento che chissà se mai succederà ancora.

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Photo di @Phil_Debs

IGERSFERMO ( @igersfermo

Grazie alla collaborazione dell’Amministrazione comunale, la community Instagramers Fermo ha potuto esplorare il Teatro dell’Aquila con all’interno l’allestimento de “Il barbiere di Siviglia”, uno dei due spettacoli inseriti nel cartellone della Stagione d’Opera. E così un gruppo di 10 igers è riuscito a dare forma ad un progetto, denominato #emptyteatro, che prende spunto dalle precedenti esperienze internazionali del movimento #empty, scaturito dalla mente del fotografo Dave Krugman.
Una serata, quella degli instagramers fermani, trascorsa tra palco, platea ed i 5 ordini di questo autentico gioiello inaugurato nel 1790, con un dietro le quinte molto movimentato e divertente, grazie anche al supporto del custode comunale, vero cicerone di questa carovana di curiosi sperimentatori.

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